L’evoluzione della moda alternativa in Italia
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L’evoluzione della moda alternativa in Italia
Quando pensi alla moda italiana ti vengono subito in mente passerelle eleganti, abiti perfetti, l’idea del lusso senza sbavature. Ma dietro quella superficie lucida, da decenni, esiste un’altra storia. Una storia fatta di ragazzi che non volevano vestirsi come tutti gli altri.
Negli anni ’80 e ’90, mentre esplodeva il mito dei paninari e delle firme americane, c’era chi sceglieva l’opposto: punk, goth, metalhead. Portavano in giro stivali consumati, borchie, giacche nere. Non era solo estetica: era un rifiuto di tutto ciò che veniva imposto come “giusto” o “bello”.
Poi sono arrivati i 2000 e con loro il web. MySpace, i forum, le prime community online. All’improvviso l’alternativo non era più confinato alla tua città: potevi scoprire lo stile di chi stava a Londra, Berlino o Tokyo e sentirti parte di qualcosa di più grande. Emo, gothic, street punk… ognuno trovava il proprio rifugio estetico.
Negli anni 2010 è entrato in scena lo streetwear globale: Supreme, Bape, Comme des Garçons. In Italia la scena rap e trap ha trasformato il modo di vestirsi di una generazione intera. Ma allo stesso tempo il fast fashion iniziava a copiare quell’immaginario, rendendolo più commerciale e vuoto.
E oggi? Oggi l’alternativo in Italia non è più una nicchia silenziosa. Ci sono brand indipendenti che non vogliono piacere a tutti, che scelgono di costruire comunità e non solo collezioni. Lo streetwear dark diventa linguaggio di riconoscimento, una dichiarazione identitaria. Non è più “vestirsi diversi”, è dire: io non appartengo al gregge.
La moda alternativa in Italia è sempre stata lì, sotto pelle. Solo che adesso è pronta a prendersi il suo spazio.